D'altronde, se Robert Emmons e Michael McCullough si sono interessati alla spiritualità, in primo luogo è perché si sono interrogati su ciò che rendeva generalmente le persone abitate da una fede profonda più felici delle altre.
E per aver constatato che esse rimanevano per più tempo (più a lungo) nel senso di gratitudine rispetto alle persone non-credenti.
E' che costoro “sono presenti a ciò che accade”, analizza la filosofa Bérangére Casini e che, in quanto tale, essa si imparenta con la grazia.
E' ciò che riempie il cuore di San Francesco quando loda il Signore per sorella Luna e per le stelle, per fratello Vento, per l'aria e per le nuvole; è il saper-vivere qui ed ora al quale invita Buddha.
E' anche lo stato di piena consapevolezza favorito dalla meditazione. E', in una parola, l'accettazione di ciò che è, disgrazia e bene mescolati, un momento di accoglienza senza discriminazione che riconcilia con l'esistenza. Al momento presente, ma in primis evidentemente al passato; nel ringraziamento, ci si riconcilia con ciò che è stato, ricorda André Comte-Sponville. Il saggio si rallegra di vivere, ma anche di aver vissuto. La gratitudine è questa gioia della memoria, questo amore del passato. E' il tempo ritrovato e la fine del rimpianto o della nostalgia che rode lo spirito. Essa ci guarisce da tutti i mali legati alla nostra condizione di esseri finiti, alla nostra potenza limitata, al tempo che passa, alla collera, al risentimento, alla solitudine. Se la gratitudine non è la felicità in se stessa, essa ne ha tutto il gusto.
Concetti chiave
Essa ci riconcilia con la vita in noi stessi incitandoci ad apprezzare ciò che abbiamo piuttosto che a constatare ciò che ci manca. Essa ci guarisce: è provato, coloro che la praticano regolarmente si prendono di più cura di loro, dormono meglio e si ammalano di meno. Essa guarisce la nostra relazione con gli altri distogliendo l'attenzione da me per dirigerla verso ciò che ci circonda.
Come si ringrazia altrove?
In Giappone, la persona a cui voi offrite un regalo (gesto sovente minimizzato con la formula “E' soltanto un simbolo della mia gratitudine”) vi può rispondere : “Scusami”, allo scopo di sottolineare il vostro “sforzo”. E' frequente in persone che si conoscono poco. E questa stessa persona vi potrà ringraziare più volte del vostro gesto, quando vi rivedrà.
Negli Stati Uniti, dire grazie è molto comune, molto naturale e molto frequente. Così vi potreste meravigliare di avere, per tutta risposta al vostro ringraziamento, soltanto un semplice “Hin hin” al posto di “Voi siete il benvenuto” d'abitudine. Ciò che voi percepirete come un'ingratitudine non sarà in realtà che il frutto dell'abitudine.
In Cina, un ringraziamento dopo aver ricevuto un complimento può essere percepito come un segno di autosufficienza, a significare che voi lo accettate mentre lo negate. Nello stesso modo, dire grazie dopo essere stati visti offrire qualche cosa instaura una distanza. E' per questa ragione che un parente o un amico, si potrebbe offendere. Un cenno con la testa è più che sufficiente.
Con la collaborazione di Guillaume Desagulier, maître di conferenze in linguistica e antropologia all'Università Paris-VIII.
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