lunedì 30 giugno 2014

Benvenuti nel mio nuovo blog



Benvenuti nel mio nuovo blog

L'idea di avere un blog personale è nata dalla necessità di postare articoli miei e dei miei collaboratori senza caricare eccessivamente il mio sito personale www.pinoferroni.it o il sito dell'Associazione Ego Center, www.egocenter.it

Oggi vorrei inaugurare il mio blog con uno scritto tratto dal cap. VIII del Ling Shu:

«Il Cielo in me è Virtù.
La Terra in me è soffi.
La Virtù scorre, i soffi si diffondono ed è la vita.
Il fatto che i viventi sopraggiungano denota le essenze.
Il fatto che le due essenze si congiungano denota gli Spiriti.
Ciò che segue fedelmente gli Spiriti nel loro 'andare e venire' denota gli Hun.
Ciò che si associa alle essenze nel loro 'uscire ed entrare' denota i Po.
Ciò che prende in carico gli esseri viene chiamato cuore.
Il cuore si applica, ecco il proposito.
Il proposito diventa permanente, ecco il volere.
Il volere, che si mantiene, cambia, ecco il pensiero.
Il pensiero si dispiega in lontananza e potentemente, ecco la riflessione.
La riflessione dispone di tutti gli esseri, ecco il saper fare».

Grazie a tutti





venerdì 27 giugno 2014

Le regole dell'autorealizzazione



Le regole dell'autorealizzazione

Non è mia intenzione fare in questo articolo un trattato sulle tecniche dell’autorealizzazione, ma dare qualche semplice consiglio:

1) La cosa più importante (e sotto certi aspetti la più difficile) è stabilire con se stessi che cosa si vuol fare realmente nella vita:
- Voglio fare un’attività che mi arricchisca?
- Voglio fare un’attività che mi gratifichi?
- Voglio fare un’attività che mi piaccia?
- Voglio fare un’attività che nello stesso mi piaccia, ma che sia per me anche un continuo ‘empowerment’? (1)

Quest’ultima possibilità è ovviamente la migliore

2) A questo punto, identificato che cosa voglio veramente fare nella vita, passo alla fase realizzativa che comporta anch’essa determinate e precise regole:
a) Economicamente posso realizzare il mio sogno?
b) Quanto mi costa la sede in cui esercitare la mia attività, gli arredi e tutti gli annessi e connessi?
c) Lo posso portare a termine da solo o ho necessità di collaboratori (se ho bisogno di collaboratori, questi devono essere anch’essi entusiasti e convinti nel conseguire i risultati previsti)
d) Ho bisogno di strumenti e/o prodotti? 

3) Chiariti questi primi fondamentali punti passiamo alla fase successiva:
1) Il mio progetto soddisfa un’esigenza attuale del mercato?
2) Ha i requisiti di duttilità in modo da poterlo adeguare strada facendo?
3) Ho sperimentato su di me il suo valore (di utilità, di sicurezza, ecc.)?
Se la risposta a queste ultime tre domande è affermativa non rimane che un
primo unico passo: perseguirlo con determinazione senza tentennamenti, ripensamenti, dubbi o la ricerca di altre alternativi apparentemente più facili da perseguire o apparentemente più remunerative.

Quello che paga nel realizzare i nostri sogni
è perseguirli con determinazione, sicurezza e costanza!
Per cui, coraggio!!!




(1) Con il termine empowerment viene indicato un processo di crescita dell’individuo basato sull’incremento della stima di sé, dell’autoefficacia e dell’autodeterminazione per far emergere risorse latenti e portare l’individuo ad appropriarsi consapevolmente del suo potenziale e del suo valore intrinseco.

giovedì 26 giugno 2014

Il gelso


Ovidio narra nelle "Metamorfosi" che a Babilonia due giovani, Piramo e Tisbe, si amavano teneramente. Siccome le famiglie contrastavano il loro amore, i due amanti s'incontravano nascostamente presso una fonte, sotto l'ombra di un gelso "dai frutti bianchi come la neve". Un giorno Tisbe, che era arrivata per prima, scorse una leonessa: spaventata fuggì lasciando cadere il velo. La belva, che aveva appena ucciso una preda, lo arrossò con quel sangue. Quando Piramo, giungendo all'appuntamento, trovò il velo in quello stato si convinse che l'amante era stata sbranata. Disperato, si trafisse il cuore il cui sangue fu spruzzato sulle more del gelso. Poco dopo Tisbe tornava al luogo dell'incontro: appena s'accorse dell' accaduto maledì l'albero dicendo "Porterai per sempre frutti scuri in segno di lutto per attestare che due amanti ti bagnarono col loro sangue", poi si gettò sulla spada di Piramo ancora tiepida. Da allora, conclude Ovidio, i frutti del gelso nero, prima bianchi, poi rossi, assumono quando maturano un color rosso porpora. Di là dalla sua origine luttuosa la pianta era molto apprezzata nell'antichità tant'è vero che la chiamavano "l'albero più saggio" perché si dimostrava accorta e intelligente ritardando la schiusa delle gemme fino a quando non fosse passato completamente il freddo invernale. 
"Ma, una volta iniziata", scriveva Plinio il Vecchio, "la sua gemmazione si dispiega completamente, al punto di compiersi in una sola notte e persino con brusio". Il gelso nero veniva considerato anche una specie di panacea: fra le tante virtù che gli si attribuivano si diceva che le gemme dei futuri frutti, colte con la mano sinistra e senza che toccassero terra, si dovevano portare come amuleto perché impedivano qualunque tipo di emorragia. In un dipinto pompeiano, conservato al Museo nazionale di Napoli, sono raffigurati due frutti rossi con foglie e in un dipinto nella casa del Toro, a Pompei, un gelso nero che proveniva dalla Persia e dall' Armenia. 
Il bianco invece, più adatto per l'allevamento del baco della seta, ma senza miti, è stato importato in Italia dalla Cina soltanto nel secolo XII. Con i suoi frutti bianco-rosa, che si raccolgono in agosto-settembre, si ricava uno sciroppo usato come bevanda rinfrescante ma anche per combattere le angine e l'afta.



La raccolta delle patate

Articolo di Patrizia Vetri


Detto così, il titolo evoca immensi appezzamenti di terreno in cui sono all’opera, nella calura, schiere di extra comunitari sotto pagati tra il via vai dei trattori che caricano casse pesantissime piene del prezioso tubero. Prezioso perché, da quando Cristoforo Colombo (o chi per lui) ce lo ha portato come dono dalle Americhe, lo abbiamo adottato come ortaggio base di quasi tutte le cucine europee per la sua versatilità e le sue qualità organolettiche.
In pratica, dal gran ‘gourmet’ alla cucina casalinga, tutti fanno largo uso di patate.
Anche noi.
Però vorrei subito correggere l’immagine che ho evocato all’inizio di questo articolo.
Infatti, per la nostra raccolta, è stata sufficiente un’oretta di lavoro in due (Pino ed io), nel fresco della rugiada del mattino. Questo non solo per l’esiguità dell’appezzamento, ma anche per la miracolosa invenzione di Pino, che da tre anni abbiamo adottato con successo per la semina delle patate.
In verità, sembra l’uovo di colombo (ancora lui!), però non so in quanto lo conoscono. Si tratta di questo: il nostro terreno è più simile ad un bel blocco sapone Marsiglia che a terra vera. Cioè l’argilla di cui è composto non permette la sopravvivenza di alcuna pianta che produca alcunché di sotterraneo. Patate, carote, cipolle, ecc. sembrerebbero dunque proibite nel nostro orto se non fosse per l’idea luminosa germogliata nella fertile di Pino: seminiamo le patate nella paglia. Cioè: al momento opportuno stratifichiamo sul terreno un bel po’ di paglia, nella quale vengono poi inserite le patate da seme. 
Fatto.
Dopo qualche mese ‘voilà’. La patata ‘madre’, come la chiamiamo noi, si deteriora per dare vita a tante patatine figlie che poi noi deprediamo estraendole facilmente con una forca dalla paglia in cui sono adagiate come in una culla. Sono patatine più serene delle altre in quanto non hanno dovuto stressarsi facendosi strada a fatica nella terra. Sono patatine un po’ viziate, poco provate dalla vita, sono lì belle tonde e gialline che aspettano solo noi. Unico problema: dobbiamo raccoglierle piccolette dal momento che abbiamo dei concorrenti. E’ una gara contro il tempo. Infatti anche topi, talpe, larve, ecc. apprezzano di trovare le patatine belle pronte senza dover scavare. Così, se aspettiamo molto, troviamo i tuberi già intaccati da piccoli morsi di ogni tipo.
Beh, del resto in questa placida campagna padana c’erano prima loro, i topo, le talpe, le larve, ecc. e gli invasori siamo noi. Non c’è che una soluzione: l’anno prossimo semineremo più patate, così ce ne sarà per tutti.



mercoledì 25 giugno 2014

Fobia sociale e disturbi alimentari




Fobia sociale e disturbi alimentari
I disturbi alimentari spesso vanno di pari passo con l’ansia e l’isolamento sociale: per questo Kate Tchanturia,  docente presso la Sezione dei Disturbi del Comportamento Alimentare nell’Istituto di Psichiatria del King College di Londra,  ha guidato un gruppo di ricerca per indagare cosa provano le persone con disturbi del comportamento alimentare nelle situazioni sociali.
Lo studio ha valutato 148 persone con disturbi alimentari che sono state messe a confronto con persone sane. I risultati dello studio hanno mostrato che le persone con disturbi del comportamento alimentare provano un piacere molto più limitato nelle interazioni sociali, rispetto ai soggetti che non soffrono di questo disturbo.
Per lo studio, ai partecipanti sono stati fatti compilare dei questionari, per valutare il loro tono dell’umore, l’anedonia sociale e la capacità di comprendere ed elaborare le emozioni. Del gruppo, 72 persone soffrivano di anoressia, 19 di bulimia, 14 avevano avuto in passato l’anoressia e 43 non avevano problemi alimentari.
Il 31 per cento del gruppo degli anoressici soffriva di fobia sociale, il 22 per cento di attacchi di panico, il 17 per cento di agorafobia e il 50 per cento aveva un disturbo d’ansia generalizzato.
Dei bulimici, il 6 per cento soffriva di attacchi di panico, il 6 per cento di agorafobia, il 31 per cento di fobia sociale e il 31 per cento di un disturbo d’ansia generalizzato.
I partecipanti con anoressia e bulimia avevano valori sulla scala della depressione di 11 volte superiori rispetto al gruppo dei “sani” e più di 3 volte superiori a coloro che avevano avuto disturbi alimentari in passato. Anoressici e bulimici soffrivano di anedonia (mancanza di desiderio di fare delle cose piacevoli) in misura 3 volte superiore rispetto al gruppo dei sani. Gli ex malati di disturbi alimentari avevano valori quasi doppi rispetto ai sani sulla scala dell’anedonia sociale.
Secondo gli autori il piacere della rinuncia al cibo va ad agire sul sistema delle ricompense e supera il piacere che si potrebbe trarre dallo stare in compagnia degli amici. Inoltre, dicono sempre gli autori, la difficoltà di esprimere i sentimenti potrebbe essere correlata a questo diminuito piacere per la socialità.
Gli autori raccomandano dunque che il trattamento per i disturbi alimentari includa un’attenzione particolare volta al miglioramento e allo sviluppo delle competenze interpersonali, dal momento che l’anedonia sociale porta le persone a mantenere il proprio disturbo alimentare attraverso l’isolamento.
Trovare il piacere per l’interazione sociale potrebbe dunque contribuire alla soluzione di un disturbo alimentare.
Questo studio è stato pubblicato nel mese di giugno nell’International Journal of Eating Disorders.

Dr. Walter La Gatta


L'energia sottile del Cuore

Sintesi della conferenza sull'Energia sottile del Cuore secondo la visione taoista.

"... Shen è la forma più “raffinata” di energia interiore nell’uomo.
 I processi organici rivelano infatti la presenza di Jing, i movimenti corporei quella del Qi; ma solo la coscienza umana riflette la presenza dello Shen.
“Due essenze si uniscono, allora forma corporea e Shen sono completati. Sono i Soffi uniti del Cielo e della Terra e il loro nome è Uomo”.
Nel momento del concepimento, che è l’unione dell’essenza energetica (Jing) del padre e della madre, quando si realizza la potenzialità vitale dei genitori in un nuovo essere, gli spiriti Shen si fissano nella nuova creatura dotandola così delle sue caratteristiche individuali che appartengono sia al corpo che allo spirito. Durante lo sviluppo embrionale gli Shen (espressione Yang) si legano agli organi (Yin) per formare una unità somato-psichica, contribuendo innanzitutto a permettere la corretta crescita e le specifiche funzioni di ciascun organo e garantendo, nel loro complesso, lo spirito vitale dell’individuo e strutturandone gli aspetti psichici, emotivi, affettivi; sono infatti chiamati anche “anime vegetative”. 
Shen e Jing sono indissociabili, 
se si separano lo Shen ritorna al Cielo ed è la morte
Se osserviamo gli antichi insegnamenti taoisti noi sappiamo che il Cuore è l’Imperatore. All’interno del Cuore ha sede lo Shen del Cuore (Piccolo Shen) e all’interno del Cervello ha sede lo Shen Celeste (Grande Shen).
Il Grande Shen se vogliamo dargli una definizione psicanalitica, corrisponde all’Io, mentre il Piccolo Shen corrisponde al Sé.
L’Io corrisponde alla ragione (consapevolezza), al mediatore fra gli impulsi esterni ed interni e la sua funzione è quella di proteggere il Sé, di permettere di esprimersi nella modalità migliore e nella sua totalità e di mediare fra i nostri impulsi interni e le realtà esterne in modo tale che questi non vengano repressi, ma che allo stesso tempo non prendano il possesso di noi stessi. 
Il Sé invece corrisponde a tutta la nostra componente pulsionale, istintiva, inconscia, emozionale, ”primitiva”, insomma corrisponde a noi stessi nella nostra totalità vera e originaria (sentimenti)
Il Cuore è l’Imperatore perché contiene al suo interno l’anima che rappresenta il nostro Sé, ovvero la parte totale di noi vera e originaria. 




Ling Shu, cap 71 “... Il Cuore è il sovrano che regna sugli organi e sui visceri ed è anche la dimora dello Shen. L’energia perversa non può mai attaccarlo, perché questo procurerebbe inevitabilmente la morte...”
Il Diaframma “permette il flusso delle emozioni che sono il nutrimento del Piccolo Shen”. 

Il Diaframma infatti è l’armonizzatore ed è colui che permette l’espressione delle emozioni. Un Diaframma mobile permette un fluire naturale delle emozioni e della percezione del nostro Sé. Un Diaframma bloccato impedisce questa attività. Bloccare la percezione delle nostre emozioni è una forma di difesa del nostro inconscio alla sofferenza. Se proviamo inconsciamente un’emozione che causa dolore o sofferenza, per proteggere il Cuore da certe emozioni dolorose, il Diaframma blocca l’accesso al Palazzo Imperiale, ovvero al torace. Ma questo blocco ha un prezzo che è quello di non percepire emozioni, di non percepire il nostro Sé, ma solo il nostro Io che ci fa respirare di meno, di avere meno energia e di tentare in qualche maniera di soffocare noi stessi per non soffrire.
Le sostanze armonizzatrici sono le Due Terre: il Cervello/Coscienza e il Corpo/Vitalità: 
- la Coscienza rientra nel dominio dello Yang; ciò che è ricettivo e mobile appartiene ad essa.
- La Vitalità rientra nel dominio dello Yin; ciò che è quiescente e immobile appartiene ad essa.
Per la Scuola della Realtà Completa, tra le Cinque Virtù, le Due Terre, Coscienza e Vitalità, sono la reale autenticità
Quando il Cuore sta in piedi fra le Due Terre, Coscienza e Vitalità si incontrano nella Terra dei Pensieri, che rappresenta il Cuore nel Cuore. La Terra dei Pensieri si occupa del Proposito, genera pensieri “conformi” alle situazioni e rientra nel dominio dello Yi.

Il concetto di Shen definisce quindi l’essere 
come una unità integrata di corpo, mente e spirito