Riguardo quello che si è
detto ieri su approccio terapeutico cinese e approccio Pino Ferroni &
Co ho trovato questo per caso e te lo devo assolutamente mandare, è
specifico sul contesto lavorativo, ma mi ha aiutata a comprendere meglio.
(L'ho tagliato un po' era lunghissimo).
Io l’ho tegliato ancora di
più - Pino
"Lo stile cinese è
contenuto e riservato a confronto con quello occidentale, che appare più aperto
o diretto. La parola cinese per definirlo è hanxu, che infatti include i
significati di “contenere, mantenere in serbo”, ma anche di “accumulare e
risparmiare”.
Che cosa vuol dire?
Significa che i cinesi preferiscono risparmiare parole, piuttosto che
approfondirle, il che implicherebbe una perdita di senso e di valore. La
preferenza della comunicazione implicita rende quindi possibile negoziare con
gli altri i significati. I cinesi inoltre sono socializzati a non esprimere
apertamente le emozioni, soprattutto quelle violente o negative, che nella loro
tradizione medica associano agli stati patologici.
Un proverbio cinese dice
huo cong kou shu, ovvero che “ogni calamità deriva dalla bocca”, fonte
potenziale di pericolosi conflitti. E’ per la sensibilità cinese verso la
conservazione di rapporti interpersonali armonici che si rende particolarmente
importante un uso attento e prudente della parola…
Il silenzio mette a disagio
noi occidentali, i cinesi invece tacciono per farci capire che abbiamo la loro
attenzione. L’uso del silenzio, dell’ascolto e l’arte della pausa nel discorso
possono essere un potente strumento negoziale, che noi siamo poco adusi a gestire.
Anche l’osservazione critica è poco gradita, e non solo quando sia rivolta
verso la controparte. Osservazioni critiche sulle linee di governo del nostro
stesso Paese, sugli indirizzi di politica economica, sull’azienda per cui
lavoriamo, sui propri colleghi o il proprio ordine professionale, alle quali a
volte ci lasciamo andare a considerazioni più astratte, non sono comprensibili
e disorientano i cinesi, che sono nazionalisti, dotati di spirito di gruppo e
non comprendono un interlocutore che parli male del gruppo al quale appartiene
o della propria nazione.
Spesso, rispetto
alle modalità comunicative degli occidentali, rilevano di non capire bene se
stiamo scherzando o parlando seriamente; di contro noi spesso non capiamo,
quando i cinesi annuiscono o restano in silenzio, se stiano dicendo sì o no…
Ogni lingua porta con sé un
bagaglio nascosto di presupposti: guardando alla superficie del discorso,
inconsciamente siamo portati ad associarvi il nostro bagaglio, invece di quello
di colui che sta comunicando. Questo bagaglio è il “sottotesto”: noi vi
leggiamo il nostro invece che quello dei cinesi. E’ perciò che, per il fatto
che essi non diano spiegazioni chiare e dirette o non dicano sì né no, è spesso
interpretato come una mancanza di volontà di condivisione delle informazioni,
piuttosto che come un orientamento di valore culturale, una abitudine antica
volta da una parte alla strategia dell’osservazione invece che a quella
dell’azione, dall’altra a non offendere l’interlocutore con dichiarazioni brusche
e perentorie. I cinesi sono sensibilissimi e per loro “perdere” o far perdere
“la faccia” è un evento gravissimo…
Per evitare questa rottura
comunicativa, la parte cinese si aspetta che il partner comprenda
intuitivamente il problema e, maturata dentro di sé questa percezione, indichi
che ne è consapevole e quindi disponibile a venirne a capo, senza però
esplicitarlo.
Faccio appello alle
tavolette che tu Pino hai letto e commentato ad EnerTao, quindi non c'è approccio
giusto o sbagliato in assoluto, ma c'è ciò che è più adatto alla persona in
quel momento. Così hai risposto e mi sono risposta al mio quesito. Rimango
dell'idea che, indipendentemente dalla cultura cinese/italiana/eccetera il concetto
di contatto affettivo preesiste perché durante la gestazione siamo in un
rapporto simbiotico, tutti, con la madre, perciò continuo a domandarmi come
cavolo fanno questi Cinesi a non avere necessità di essere accolti eccetera e
quindi di accogliere eccetera (riferendomi sempre all'approccio terapeutico).
Vorrei conoscerli! Però non mi ricordo quando né e in che testo cinese citato
in quale blog ho letto "dobbiamo
accettare la nostra capacità di emozionarci".
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