venerdì 18 luglio 2014

L'anatroccolo fortunato


Abbiamo ricevuto da un nostro amico una mail con una vicenda tenera che vogliamo condividere con voi: 
«Mentre aspetto mi moglie che è andata ad esplorare un piccolo sentiero di montagna,  mi cerco un parcheggio all’ombra e lo trovo proprio di fianco ad un torrente, piccolo ma assai impetuoso e rumoroso, nei pressi di un ponticello. Passeggio un po’ avanti e indietro guardando le cascate  e l’acqua che fa i mulinelli in una pozza, quando vedo qualcosa che  galleggia sull’acqua. Mi sembra dapprima un pezzo di legno, ma poi mi sporgo e vedo che si tratta di un anatroccolo di 10 o 15 giorni che nuoticchia nell’acqua cercando di uscire da un piccolo mulinello. Pensando che il nido sia lì vicino, mi limito a guardarlo ma poi, quando capisco che è da solo, cerco di attirare la sua attenzione fischiando. Appena mi vede e sente il fischio mi risponde, iniziando a pigolare forte e insistentemente, come se cercasse aiuto. A quel punto penso che anche se mi dovrò immergere fino alla vita (vestito per giunta) per raggiungerlo lo farò, non mi importa come, ma non posso pensare di lasciarlo lì in difficoltà. Lui pigola pì pì pì pì e io rispondo fischiando fì fì fì fì! 
Nel frattempo passa una Panda della Polizia Provinciale e i due poliziotti si fermano e vengono a vedere cosa sta facendo quell’uomo in riva al torrente. Io, imbarazzatissimo e con modi fantozziani, gli faccio vedere il paperino pensando che tanto non gliene fregherà di meno. Invece uno dei due si agita parecchio e vorrebbe recuperarlo, ma prima va con il collega alle case a monte per chiedere se lo hanno smarrito loro. 
Nel frattempo, continuo il richiamo e il paperino risponde sempre e prende il coraggio di nuotare risalendo la corrente per un pezzetto, attraversa il torrente fino a che non riesce a salire su uno scoglio lì sotto di me.
Poco dopo arriva mia moglie e riproviamo a chiamarlo col solito fischio e con sorpresa nostra, il batuffolo ci risponde vicinissimo. Poi riusciamo a vederlo, nascosto tra gli equiseti che ci guarda, proprio a un metro dai nostri piedi. E’ riuscito a risalire l’argine verticale di due metri! 
In quel momento tornano i poliziotti. Lui, vista la folla, attraversa la strada spaventato e si nasconde sotto la mia macchina.
A quel punto siamo in quattro a cercare di farlo venire fuori; alla fine mi si avvicina trotterellando e riesco ad acchiapparlo sotto la macchina e a tirarlo fuori. 
La mini indagine dei poliziotti non ha portato a nulla. Nessuno ha smarrito un pulcino di anatra. Ma per fortuna uno dei due poliziotti ha un figlio che stava cercando da tanto un paperino, tanto terreno, acqua corrente e una moglie appassionata di polli e anatre, quindi quale miglior casa per il piccolo orfano? Lieto fine!
C’è un detto che recita “Quando un orfano piange, trema perfino il trono di Dio”. Non so se valga per gli animali, però sicuramente quella vocina che chiamava aiuto adesso non piange più!
Quindi oggi pomeriggio quattro esseri umani si sono spostati dalle loro lontane dimore e si sono incontrati in una valletta sconosciuta e semi abbandonata nello stesso momento, al fine di soccorrere un anatroccolo di circa 40 grammi, che aveva smarrito la mamma. 
Strano eh? 
Beh, io che sono credente, ho pensato che davvero Dio c’entrasse qualcosa!».
Commento di Pino.
Se non fosse una storia estiva, avrebbe potuto essere una splendida storia di Natale. Non tanto per il nostro amico che sappiamo quanto abbia un animo gentile e quanto in lui alberghi l’amore universale, quello che noi chiamiamo Shen. Però è eccezionale che due anime, quella del paperotto e dell’uomo, abbiano creato un legame: il papero ha sentito di non essere più solo a combattere con il mulinello e l’uomo ha trasmesso empaticamente il suo desiderio di aiuto. 
Questa storia mi ha fatto tornare alla mente un fatto accadutomi tanti anni fa. Avevo ventitré anni ed ero in vacanza ad agosto a Peschici, allora ancora un genuino paese pugliese. Io sono nato al mare e fra me e il mare è sempre esistito un forte legame d’amore e di rispetto. «Se rispetti il mare» mi diceva il mio mentore, un nostromo in pensione «il mare non ti ucciderà». Ed io ho sempre dato ascolto a quell’insegnamento ricevuto quando avevo circa sette-otto anni. Però, come a volte succede, commisi una sciocchezza. Il mare di Peschici non era il mare della mia Liguria: quest’ultimo subito profondo, quello poco profondo e sabbioso, non come il mare di Versilia, ma quasi. Da sempre, quando il mare era mosso, noi giocavamo a tuffarci nelle onde e poi ad abbandonarci ad esse che, per ringraziamento, ci spiattellavano a riva (anni dopo scoprii che eravamo come il tuffatore di Zhuangzi). L’unica cosa  che bisogna fare è tuffarsi a mezza altezza, perché se ti tuffi troppo sotto, il risucchio dell’onda ti porta al largo e non a riva. Quella volta sbagliai e mi trovai oltre la linea di ritorno. I miei amici videro subito che ero in difficoltà e, mentre loro cercavano di fare una catena umana per raggiungermi, io nuotavo solamente per mantenere la posizione e non essere portato al largo. Dopo più di mezz’ora di inutili tentativi, stavo già preoccupandomi di non esaurire le mie forze e affidarmi al mare sperando in un approdo altrove, quando uno sconosciuto, dalla riva, superando il frastuono delle onde, mi gridò: «Arriva la settima onda!». Quella della settima onda non è una favola. Quando il mare è in tempesta ogni tanto, magari non sempre ogni sette, arriva un’onda più grande delle altre. Mi voltai, la vidi, capii che quella era la mia grande possibilità, l’attesi, e, quando giunse, cominciai a nuotare con tutte le mie forze cavalcandola come fanno i surfisti e quando sentii che mi prendeva e mi sommergeva facendomi rotolare dentro di essa capii che ce l’avevo fatta. Ricordo che mi feci trascinare il più a riva possibile, con la gioia nel cuore. Ora, il fischiare del mio amico mi ha fatto venire in mente quello sconosciuto che era anch’egli in angoscia per me e mi diede lo spunto per farcela.
Ma la storia ha per me anche altri risvolti. Un altro uomo, il vigile, è contento che il papero si sia salvato e, visto che non è di nessuno, ha pensato al figlio che tanto desiderava un anatroccolo e alla moglie che lo avrebbe accudito con amore e, in una valle fra la Liguria e l’Emilia, quattro persone mandavano al Cielo un inno di amore e di vita. Perché sino a che ci saranno persone così a questo mondo, la Terra ha ancora delle possibilità.


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