mercoledì 30 luglio 2014

Commento a varie versioni del Daodejing (Tao Te Ching)



Nel Daodejing di Laozi vi sono tutte le indicazioni morali ed etiche taoiste. Innanzitutto bisogna ricordare che il taoismo predica, alla sua origine, l’importanza dell’identificazione individuale con il Dao (Tao), Principio Supremo, e cioè dell’annullamento della distinzione tra Io e mondo. Perciò l’imperativo morale consiste nel ritorno alla natura, nel non-agire, nel superare i conflitti sociali senza partecipazione emotiva. Bisogna quindi evitare ogni compromesso con il mondo e con la società: il taoista non solo applica la costante regola di rinunziare all’impegno politico, ma si sforza di recuperare la semplicità e la perfezione secondo il mito dell’origine, per conformarsi al Dao. L’uomo non deve cercare di sforzare la natura, ma deve inserirsi nel suo corso.
Un giorno ho letto, nell’introduzione a “La Via in cammino”, versione del Daodêjing di Luciano Parinetto, questa citazione tratta dal Fung Yu-Lan: «E’ sempre difficile comprendere e apprezzare pienamente scritti filosofici se non si leggono nell’originale, ciò a causa dell’ostacolo della lingua. Dato il carattere suggestivo degli scritti filosofici cinesi, l’ostacolo della lingua è ancora maggiore: la forza suggestiva dei detti e degli scritti filosofici cinesi è difficilmente traducibile; quando si leggono le traduzioni la forza suggestiva va perduta e con ciò si perde parecchio. Una traduzione, dopo tutto, non è che un’interpretazione. Traducendo una frase, ad esempio del Laozi, il traduttore dà la sua propria interpretazione e probabilmente non esprime che una sola idea mentre l’originale conteneva molte altre idee oltre quella espressa dal traduttore. L’originale è suggestivo ma la traduzione non lo è più, non lo può essere e la ricchezza dell’originale va perduta. Si sono fatte parecchie traduzioni del Laozi [...]. Ogni traduttore ha giudicato insoddisfacenti le altre traduzioni ma, per ben fatta che sia la traduzione, finisce sempre con l’essere più povera dell’originale. Occorrerebbe leggere tutte le traduzioni già fatte e quelle non ancora fatte per cogliere la ricchezza del Laozi».
A giugno (2014), quando ho deciso anch’io di scrivere “L’ennesimo Commentario al Daodejing”, seguondo però una mia particolare visione derivata dal Nei-Yeh e dai Daodejing rinvenuti nelle tombe a Mawangdui e Guodian,
ho deciso di riportare, all’inizio, le principali (o comunque quelle che io conosco) traduzioni di vari autori, in modo che il messaggio del Fung Yu-Lan non fosse da me disatteso.
Riassumendo, ho quindi riportato le due versioni “classiche” o di riferimento [Tomassini e Duyvendak], le due versioni filologiche [Lanciotti e Andreini], una versione in chiave “dialettica” [Parinetto], una versione in chiave “metafisico-esoterica” [Evola], e una versione di un sacerdote cattolico [Larre]. Ho voluto poi aggiungere, quasi come appendice, quei brani che ho trovato tradotti da Alan Watts o la cui traduzione è stata rivista da Alan Watts nel suo libro Il Tao: la Via dell’acqua che scorre (Astrolabio, 1977). Si tratta evidentemente anche in questo caso di traduzione da traduzione, ma mi è sembrato significativo inserirli perché particolarmente chiari e comprensibili.
§ Tomassini
1 Il Tao che può esser detto 1b non è l’eterno Tao, 2 il nome che può esser nominato 2b non è l’eterno nome. 3 Senza nome è il principio del Cielo e della Terra, 4 quando ha nome è madre delle diecimila creature. 5 Perciò chi sempre non ha brame 5b ne contempla l’arcano 6 chi sempre ha brame 6b ne contempla il termine. 7 Questi che han stessa estrazione seppur diverso nome 8 ed insieme son detti mistero, 8b mistero del mistero, 9 porta di tutti gli arcani.
§ Duyvendak
La Via veramente Via non è una via costante. I Termini veramente Termini non sono termini costanti. Il termine Non-essere indica l’inizio del cielo e della terra; il termine Essere indica la Madre delle diecimila cose. Così è grazie all’alternarsi del Non-essere e dell’Essere che si vedranno dell’uno il prodigio, dell’altro i confini. Questi due sebbene abbiano un’origine comune, sono designati con termini diversi. Ciò che essi hanno in comune io lo chiamo il Mistero, il Mistero Supremo, la porta di tutti i prodigi.
§ Lanciotti
Il Tao che può essere definito non è il tao costante. I nomi che possono essere nominati non sono nomi costanti. Senza nome è l’origine di tutti gli esseri, aver nome è la madre di tutti gli esseri. (Perciò) costantemente non aver desideri per osservare la sua essenza sottile; costantemente aver desideri per osservare i suoi limiti. Entrambe le cose hanno comune origine, e diversi nomi hanno comune espressione. Il mistero è di nuovo mistero, (la porta) di tutti gli arcani.
§ Parinetto
1 La via che è Via è un sentiero mutevole 2 E mutevole è il nome che la nomina 3 Cielo e terra antecede, senza nome. 4 Con nome, è madre degli esseri tutti. 5 L’arcano vedi sempre nel non essere; 6 vedi sempre nell’essere il pertugio. 7 Nascono insieme essere e non essere 7b E solo il nome li rende diversi. 8 E buio sono, quando son congiunti. 9 Buio nel buio: varco ad ogni arcano.
§ Andreini
1 La Via che come tale può esser presa, Via eterna non è. 2 Il nome che come tale può esser preso, nome eterno non è. 3 «Senza nome» è dei diecimila esseri il cominciamento, 4 «Ha nome» quel che dei diecimila esseri è la Madre. 5 Sicché nella costante cessazione del desio, se ne contempla il prodigio, 6 E nel costante desio se ne contempla il limite manifesto. 7 Comune han la fonte, distinti i nomi, eppur entrambi son designati: 8 «Arcano dell’Arcano», 9 «Acceso di ogni prodigio».
§ Evola
Il Tao che si può nominare Non è il Tao eterno Il Nome che si può pronunciare Non è il Nome eterno. (Come il) Senza-Nome esso è il principio di Cielo-Terra Col Nome [ossia: determinato come Cielo-Terra] è l’origine dell’infinità degli esseri particolari Così: chi è distaccato Percepisce l’Essenza Misteriosa. Di chi è offuscato dal desiderio Lo sguardo è arrestato dal limite [vede solo le apparenze fenomeniche del Principio]. Ora dei Due [il Nominabile e il Non-Nominabile, l’essere e il non-essere] Una è l’essenza, diversa solo la denominazione Mistero è la loro identità È l’insondabile fondo Di là dalla soglia dell’ultimo arcano.
§ Padre Larre
Via che uno enuncia Non è già più la Via nome che uno pronuncia Non è già più il Nome Senza nome Fece apparire il Cielo Terra Chiamato per nome È la Madre dei Diecimila esseri Senza desiderio Invita a contemplare il mistero Il desiderio considera i suoi aspetti manifesti Desiderio e Senza desiderio la stessa origine Due nomi differenti Sono di fatto insieme l’Origine E di origini in Origine La Porta del mistero meraviglioso
§ Watts
Il senza-nome è l’origine del cielo e della terra; Il dare il nome è la madre di diecimila cose. Ogni volta che non c’è desiderio (o intenzione), si osserva il mistero; Ogni volta che c’è il desiderio si osservano le manifestazioni. Queste due cose hanno lo stesso punto di partenza ma differiscono (a causa del)la nomenclatura. La loro identità è hsüan hsüan oltre hsüan, la porta di tutti i misteri.
{Watts intende per hsüan “quello che è profondo, oscuro e misterioso antecedente ad ogni distinzione tra ordine e disordine”}


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