Quante volte ci è capitato di
pensare ad un amico che non si vedeva da tempo e poco dopo, sembra per caso,
questo ci ha telefonato o lo abbiamo incontrato? Ma esiste il caso, o forse
esiste un principio scientifico ancora sconosciuto a far accadere gli eventi
con tale sottile armonia?
Oggi la scienza ha chiamato questo
principio ‘sincronicità’ e la sua componente fisico-matematica è la coerenza e
la non-località.
I test EEG hanno dimostrato che,
quando due o più persone, in silenzio, si sentono “in sintonia”, le onde
cerebrali dei loro emisferi si sincronizzano e, cosa ancora più sorprendente, i
loro tracciati elettroencefalografici tendono a diventare identici.
Da questa sincronicità
neuropsichica prendere forma un principio naturale, una legge che unisce le
cose simili: se tutte le cose dell'universo una volta erano unite in un punto
(“singolarity”), anche ora questa profonda interconnessione si mostra e,
sottilmente, opera.
Infatti, una lunga serie di
esperimenti hanno dimostrato un aumento di sincronicità tra l'emisfero destro e
sinistro quando una coppia di soggetti tenta di “sentire la presenza l'uno
dell'altro”.
Un altro dato di estremo interesse
che è emerso dalla sperimentazione è che il soggetto più “sincronico” catalizza
gli altri. «Il soggetto con
la concordanza EEG più alta era quello che ha influenzato di più gli EEG degli
altri partecipanti alle sessioni», hanno detto Jacobo Greenberg-Zylberbaum e Julieta Ramos
dell’Universidad Nacional Autonoma de Mexico. La sincronicità tra emisferi crea
quindi una sorta di “campo mentale di informazioni” con maggiore potere di
comunicazione e quindi più influente. Paul Kammerer fu il primo che intuì
questa legge di connessione definendola come: «Onnipresente
e continua nella vita, nella natura e nel cosmo. E' il cordone ombelicale che
connette pensieri, sensazioni, scienza e arte al grembo dell'universo che li ha
partoriti». Kammerer sviluppa
la sua idea centrale secondo cui nell'universo c'è un principio acausale attivo
(Tao senza Nome), coesistente con la causalità, il quale tende verso
l'unità: «Finora ci siamo occupati
delle manifestazioni concrete di serie ricorrenti, senza tentare di spiegarle.
Abbiamo scoperto che il ricorrere di dati identici o similari in regioni contigue
di spazio o di tempo è un puro dato di fatto che deve essere accettato e che
non si può spiegare con la coincidenza - o, piuttosto, che questo dato di fatto
fa regnare la coincidenza in misura tale che il concetto di coincidenza viene
negato». Con quali mezzi
questa forza acausale si inserisca nell'ordine causale delle cose (Tao col Nome) - sia in modi drammatici che banali - non possiamo
dirlo perché funziona ex hypothesi,
al di fuori delle leggi conosciute della fisica. Nello spazio produce eventi coincidenti
collegati per affinità; nel tempo, serie collegate nello stesso modo: «Si giunge quindi all'immagine di un mondo a
mosaico o di un caleidoscopio cosmico, che, malgrado i continui rimescolii e
riassestamenti, provvede anche a riunire le cose simili alle simili».
Trenta anni più tardi Wolfgang Pauli condivise la
convinzione di Kammerer e di Jung che ci sono fattori non-causali, non-fisici,
che operano in natura: «Anche il
principio di esclusione "agisce" come una forza sebbene non lo sia».
È probabile che Pauli abbia capito più profondamente
dei suoi compagni-stregoni i limiti della scienza. Scrive inoltre Pauli: «Oggi abbiamo le scienze naturali, ma non
abbiamo più una filosofia della scienza. Dalla scoperta del 'quanto' elementare,
la fisica è stata costretta a rinunciare alla sua orgogliosa pretesa di poter
dare una spiegazione teorica della totalità del mondo. Ma questa situazione
difficile può contenere il seme di ulteriori sviluppi che correggeranno il
precedente orientamento unilaterale e si indirizzeranno verso una visione
unitaria del mondo in cui la scienza è soltanto una parte del tutto».
Però il concetto moderno di sincronicità nasce dall’incontro
di un Premio Nobel della fisica, Wolfgang Pauli, con uno dei padri della
psicologia del profondo, Carl Gustav Jung. Pauli sostiene che a livello di
fisica quantistica la realtà è coinvolta in una “danza astratta” (Shiva e
Shakti nella cultura induista) senza alcuna causa materiale; sostiene, inoltre,
che tutte le particelle possono essere divise in due gruppi a seconda della
danza che eseguono. Fermioni, elettroni, protoni, neutroni e neutrini formano
il gruppo che compie una danza antisimmetrica. Mesoni e bosoni (tra cui i
fotoni) compiono una danza simmetrica. Nel caso delle particelle antisimmetriche,
risulta che questa danza astratta ha l'effetto di tenere sempre separate le
particelle con la stessa energia. Nel caso del principio di esclusione, due
elettroni non possono danzare sullo stesso orbitale atomico a meno che non
abbiano “spin” (rotazione, polarità) opposta. Proprio come gli uomini danzano
solo con le donne. Questa esclusione tra particelle uguali non è il risultato
di una forza, cioè non è un atto causato, ma il risultato di quel movimento
astratto delle particelle prese nel loro insieme, che chiamiamo antisimetria.
La danza collettiva ha un effetto profondo sulle singole particelle. Questo
principio di esclusione permette agli elettroni di un atomo di disporsi su
differenti orbitali (livelli di energia) e rende gli atomi stessi differenti
tra loro per proprietà e caratteristiche. Pauli contribuisce alla comprensione
delle leggi armoniche della realtà con la scoperta di una struttura astratta
che si nasconde dietro la superficie della materia atomica e determina il suo
comportamento in maniera non-causale. È così creato il presupposto sperimentale
alla legge di sincronicità sul piano della fisica quantistica.
Nel 1930, al discorso commemorativo
per la morte di Richard Wilhelm, Jung disse: «La scienza dell’Yijing non è
basata sul principio di causalità, ma su un principio che io ho provato a
chiamare principio sincronico».
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