mercoledì 10 settembre 2014

"Sulla fiaba" di Patrizia Vetri


Voglio raccontarvi una storia singolare: la storia... delle storie.
C’era una volta un tempo in cui non esistevano computer né I Pad e quindi gli e-book non erano ancora stati inventati. Non c’erano neanche i normali book, cioè i libri, perché Gutenberg non era ancora nato. Esistevano invece, pensate un po’, degli strani esseri dotati soltanto della loro memoria e della loro fantasia, che passavano la vita a raccontare storie chiamate fiabe. Inizialmente le fiabe non erano per nulla indirizzate ai bambini, ma erano patrimonio degli adulti che però con i loro figli le condividevano. Attraverso l’uso delle fiabe si insegnava ogni cosa, ai piccoli come ai grandi. Cioè, come comportarsi, come salvarsi la vita, come combattere i nemici, come costruire le cose, come diventare felici. Ma lo scopo principale rimaneva come conoscere se stessi e come “crescere”.
In tutto il mondo, le fiabe venivano raccontate sì dalla gente comune ad altra gente comune, come passatempo principale non esistendo la televisione; ma vi erano anche apposite figure professionali, denominate “cantastorie”. Essi giravano per le campagne con carrettini o carrozzoni, dove anche vivevano (i camper attuali?) e si fermavano nelle piazze per raccontare appunto le loro storie, magari illustrandole con grandi cartelloni colorati (in mancanza di Power Point) o animandole con l’aiuto di pupazzi detti “marionette” o “burattini”. Passò il tempo e le storie si tramandarono sempre così finché, passati secoli e secoli, e inventata la carta, gli inchiostri e i caratteri di stampa, la nostra storia subì una svolta. 
Due fratelli vagabondi buoni a nulla, pur di non trovarsi un lavoro serio, se ne inventarono uno davvero strampalato: iniziarono a fare collezione di storie e a riportarle su carta. Mamma Grimm non approvò più di tanto la loro scelta ma non ci fu nulla da fare. Le storie raccolte di bocca in bocca nelle città e campagne dell’Europa Centrale, cominciarono ad essere fissate nero su bianco. Così, quelle storie sono arrivate sino a noi, fino ai nostri libri illustrati e alla Disney Corporation, per il divertimento di grandi e piccini.


Ma il loro pregio principale non è questo. E’ che, essendo frutto della vita reale dei nostri antenati e delle loro emozioni e paure, che sono ancora le nostre, le fiabe si sono rivelate in grado di rappresentare i più grandi conflitti interiori dell’uomo. Di fornire ancora soluzioni e insegnamenti. Di dare corpo e vita ai mostri che popolano a volte il nostro cuore. Di ideare incantesimi e creature benefiche che ci salvino nelle circostanze peggiori. Di incuterci paura, ma anche di infonderci coraggio. Di rispecchiare, insomma. tutto quel variegato mondo interno che ci portiamo in giro custodito nel guscio del corpo e nei meandri della mente. Quei personaggi, quegli incantesimi, quei luoghi, quelle creature sono intorno a noi e sono noi.
Se vogliamo, possiamo ricominciare ad imparare da loro e possiamo insegnare ai nostri figli a farlo.
Basta avere sufficienti volontà e coraggio da addentrarci nel bosco oscuro del nostro inconscio.

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