lunedì 13 aprile 2015

"Cosa intendi tu realmente per Shen" mi è stato chiesto

Mi è stato chiesto: “Oggi, dopo tanti studi e ricerche, quale è veramente il tuo concetto di Shen?”

Esaminiamo  l’ideogramma Shen:
Il radicale di sinistra si può tradurre con presagio.
Il carattere di destra rappresenta due mani che accolgono un raggio di luce. Per estensione potremmo dire che l’apparire della luce dello Shen annuncia l’arrivo di una nuova vita.
Ling Shu, cap. 8: Quando i due Jing si uniscono dando luogo alla vita questo è detto Shen.
Su Wen cap. 23: Lo Shen dimora nel Cuore ed è la base della vitalità psico-affettiva dell’individuo”.
Al momento del concepimento, oltre alle energie trasmesse dai genitori, qualcosa d’altro alloggia, dimora nell’individuo: questo è lo Shen.
Il termine Shen nei testi occidentali è solitamente reso con la parola Mente, Spirito o Mente-Spirito.
Shen, in senso lato, è un livello estremamente puro e immateriale di energia, appartiene al Cielo ed è quindi l’aspetto più Yang dei Tre Tesori (Jing-Qi-Shen). Questa vibrazione si imprime nell’individuo al momento del concepimento; è il Cielo nell’Uomo, frammento di infinito nel finito. 
“Shen è Yin-Yang che non può essere misurato”.  Shen perciò, essendo Yin-Yang che non può essere misurato rappresenta, a livello umano, gli aspetti immateriali dell’individuo: psichici, emozionali e spirituali. 
Shen rappresenta altresì la sua consapevolezza, intesa come capacità di conoscere (ed accettare) le cose direttamente per quello che sono, mantenendo un atteggiamento di calma e lucidità mentale. 
Dice il Da Cheng a proposito dell’atteggiamento da avere nel trattamento di una persona: 
“Nella mente del praticante non vi deve essere desiderio, ma solo un atteggiamento ricettivo e di accettazione, allora la mente-cuore (Xin) diventa Shen” (pag. 120).
Ma, in ultima analisi, mi chiedete: “Come definisci lo Shen?”
Lo Shen è la luce negli occhi, il sorriso di ogni mattino, la gioia di vivere, la positività nella vita. I buddisti lo chiamano “compassione”, i daoisti “azione conforme”, gli zen “attenzione”, gli occidentali “empatia”, io, Pino, lo chiamo “esserci”. 
Esserci veramente con la persona, nel qui ed ora di quel momento. 
Allora la mente si apre al divenire, il movimento scorre, l’energia fluisce libera, i contorni sfumano, io e tu si confondono nel noi pur nella consapevolezza delle reciproche individualità ed allora l’incontro terapeutico diventa creatività, dialogo tonico, condivisione. Chi ti guarda vede il comporsi una musica, di un’armonia energetica che avvolge e coinvolge e, anche lo spettatore, diventa parte attiva di questa creazione. 
Allora, e solo allora, possiamo cogliere veramente, al di là di ogni intellettualismo, la meraviglia di ciò che siamo, il potenziale che ognuno di noi racchiude dentro di sé. 
Perché, come dice un’antica leggenda, noi siamo il quinto sogno, la quinta strada in marcia verso il quinto compimento, la quinta estasi. Quale è questo “compimento”, questa “estasi”? 
Gli esseri umani percorrono la strada della spiritualità sognando di diventare degli illuminati. 
Questo è il loro sogno. 
E noi siamo qui, su questo pianeta, in questa pelle, in questo Duemila, esattamente per questo motivo: per fare in modo che il nostro sogno, il sogno di tutti gli esseri umani, diventi realtà.


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