mercoledì 4 febbraio 2015

“La lezione di musica” tratto da “Racconti dei saggi taoisti” di Pascal Fauliot di Rita Caprioglio - Parte seconda (e ultima)

(...) A quel punto, il letterato si precipitò ai piedi del vecchio supplicandolo di insegnargli la sua arte. E così, il giovane musicista seguì i passi dell’anziano. Questi gli insegnava delle arie, gliele faceva ripetere, lo correggeva, di volta in volta paziente, irascibile o ironico, ma sempre avaro di complimenti. In capo a quattro anni di comune erranza, il maestro di musica disse al discepolo: “Non ho più niente da insegnarti. Sai suonare, conosci i modi e i ritmi, possiedi la tecnica e le tue dita sono agili. Ho cercato di farti penetrare nel cuore della nostra arte, ma non ne hai sfiorato che la scorza. Il passo decisivo devi farlo da solo. Cerca, e quando penserai di averlo raggiunto, torna a trovarmi. Ti aspetto nella grotta della Sorgente di Giada, sul monte dei Tre Picchi”.
E le loro strade si divisero. Trascorsero tre anni. In una bella giornata di mezz’estate, Wen Ruchun si presentò davanti alla grotta dove l’aspettava il suo maestro. “E così, tu pensi di avere oltrepassato la soglia…” 
“Credo proprio di sì, Maestro. L’altro giorno ho suonato  nel palazzo di un prefetto. Era una melodia del modo Chang, quello dell’autunno. Un vento fresco si è insinuato nella sala, c’è stato un turbinio di foglie secche e le guance degli ascoltatori si sono coperte di lacrime.”
“Ebbene, vieni con me e fammi vedere. Una volta scoperta la strada, ogni vero artista la ritrova a modo suo”.
E il maestro condusse il discepolo in riva al lago della Pace Celeste. I due si sedettero su uno scoglio a picco sulle acque tranquille, dove il cielo sembrava sgorgare dalle profondità della terra. “Suonami qualcosa nel modo Yu”.
Wen Ruchun prese il liuto, l’accordò, sgranò i suoni e improvvisò una melodia. Il vecchio taoista fu preso all’istante da una collera violenta: 
“Io non sento che note, ma niente musica! Nel palazzo del prefetto, accecato com’eri dall’orgoglio, devi esserti lasciato trarre in inganno dalle apparenze! D’estate accade spesso che dagli alberi cada qualche foglia bruciata dalla siccità e quanto alle lacrime del tuo uditorio, sarà stata una corrente d’aria a irritare loro gli occhi. Qui, invece, non succede un bel niente! Stai suonando il modo dell’inverno, ma dov’è il vento gelido? L’acqua del lago si è forse ghiacciata? E’ forse cominciato a nevicare? Tu suoni solo con le dita. Hai il cuore più duro di una roccia e la musica del Dao non potrà mai scorrervi sopra!”
E il maestro strappò il liuto dalle mani dell’allievo e lo fracassò contro lo scoglio. Quando lo strumento si ruppe, emettendo un lamento straziante, per Wen Ruchun fu come se il cuore gli si spezzasse in due. Si mise a piangere e rimase prostrato a terra, scosso dai singhiozzi. Pianse tutta la notte stringendo tra le braccia il liuto rotto e non si addormentò che alle prime luci dell’alba. Alla fine della mattinata, il vecchio taoista svegliò il discepolo e lo condusse nuovamente davanti al lago. Lo fece sedere sullo scoglio, gli porse il proprio liuto e gli disse: 
“Riprovaci ancora una volta. Sarà l’ultima. Il fallimento dell’allievo è anche quello del Maestro. Se fallisci, mi butterò nelle acque del lago”.
E il maestro discese sulla riva. Gli occhi arrossati, il cuore traboccante di una disperazione senza fine, Wen Ruchun pizzicò nuovamente le corde nel modo Yu. A poco a poco un vento gelido levò il suo lamento, facendo rabbrividire la superficie del lago. Il musicista scorse la sagoma del Maestro camminare sulle acque, dal che comprese che il lago si era ghiacciato. Ce l’aveva fatta. Abbozzò un sorriso e restò con la mano sospesa sopra le corde.
“Attento!” muggì nel vento la voce del vecchio taoista “Continua a suonare o finirò per affogare! Tieniti pure il liuto, è il mio regalo d’addio! Ne avrai bisogno per insegnare la nostra arte!”
Wen Ruchun riprese a suonare. In quel momento udì un battito di ali. Nel punto in cui fino a poco prima camminava il suo mastro, vide solo levarsi in volo una gru bianca, che sparì sopra i tre picchi innevati lanciando grida che sembravano scoppi di risa.
Commento
Una cosa era certa ed è certa tutt’ora: il giorno in cui abbiamo deciso di seguire quelle che sentivamo essere le nostre profonde aspirazioni e passioni, abbiamo inevitabilmente deluso le aspettative di uno o di entrambi i nostri genitori e siamo incorsi nella loro disapprovazione. Quindi ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo iniziato a seguire i nostri sogni e la nostra Via.
Certo che questi taosti, descritti e rappresentati il più delle volte come dei vecchi, coi vestiti rattoppati e, nel caso specifico, con un bastone di bambù se pensiamo alle rappresentazioni del Buddha, tale Siddhartha Gautama Sakyamuni, giovane, atletico e ….
Potremmo iniziare con il considerare, come abbiamo visto altre volte, che saggezza e capelli grigi vanno a braccetto, sempre tenendo conto dell’Ordine Naturale delle cose; la veste di tela grezza ci dà l’idea che chi la indossa non dia molto importanza all’apparenza, il grezzo si può intendere anche come semplice, non elaborato. Troviamo inoltre una analogia con la Tavoletta 70 del Daodejing, quando dice: “Per questo i Santi vestiti di tela di sacco, nascondevano in sé una giada”.
Questo Saggio, con una giada sul petto, non abita nei palazzi dei Re. Non lo si trova con facilità; quando lo si incontra non lo si riconosce. Nasconde in sé una giada, una pietra preziosa, da sempre abbinata al femminile, alla purezza; chi possiede una giada possiede un tesoro. Il bambù possiede delle specifiche qualità, quali la flessibilità, che lo rende capace di piegarsi, per esempio, sotto una spessa coltre di neve, per poi rialzarsi appena questa si è sciolta. Quale miglior esempio sulla Via della nostra quotidianità? Inoltre possiede dei nodi, delle specie di cerchi, disseminati in modo regolare per tutta la sua lunghezza; questo ci ricorda che la nostra evoluzione deve essere scandita da momenti in cui ci fermiamo a consolidare ciò che abbiamo raggiunto, in modo da renderlo stabile e certo. Non possiamo avanzare sempre, correndo il rischio di credere di essere dove non siamo. Come nel Gioco dell’Oca, il rischio è di tornare alla Partenza.
Lao-zi, Daodejing, Tavoletta 76: “Vivente l’uomo è tenero e flessuoso, morto diventa duro e rigido. Le piante sono tenere e flessibili, morte diventano avvizzite e rigide”. (trad. di Claude Larre).
Questo vecchio taoista sarà allora come un albero verde di Primavera. Mentre Wen Ruchun suona sulla piazza di un villaggio, il vecchio taoista si ferma a suonare in una radura; sa suonare anche solamente per il piacere di suonare, come espressione del suo animo e non solamente per essere applaudito. Prima di ciò, su richiesta del giovane musicista, gli esprime il suo parere; il modo in cui lo fa ci può ricordare, sempre dal Daodejing di Lao-zi, l’inizio della tavoletta 81: “La parola autentica non è seducente, la parola seducente non è autentica”. 
Quella che il taoista sa riprodurre con il suo strumento è una melodia, che ci rimanda e ci collega all’armonia, tale da far accorrere due gru bianche, aggraziate nelle loro movenze, simbolo di lunga vita e anche di felicità coniugale in quanto rimangano tutta la vita con lo stesso compagno. Le gru amano ballare in coppia e compaiono spesso dipinte sui chimono nuziali, come buon augurio.
Wen Ruchun fa un atto di sottomissione, riconoscendo al vecchio taoista non solamente di essere un abile musicista, ma di essere Uno con la melodia che suona.
Funziona nello stesso modo anche per quanto riguarda altre “arti”, come per esempio nella pratica del qi gong, quando ad un certo punto non siamo più noi a praticare il qi gong, ma è il qi gong che ci pratica. Insomma, in parole povere, quando non siamo più frammentati.
Facile? Ai nostri giorni? Assolutamente no. Difficile? Innanzitutto occorre volerlo fare, quindi provarci e perseverare. Wen Ruchun si era fermato alla tecnica, che è una parte e anche importante, ma non era ancora riuscito, come gli dice il Maestro, a penetrare nel cuore della sua arte.
Andare al cuore delle cose significa andare allessenza delle cose.
Il Maestro, prima di congedarsi, gli indica la via per raggiungere il suo cuore, ma non la può percorrere per lui; se lo facesse sarebbe un falso maestro. Nel libro “Il profeta” di Khalil Gibran, quando al Profeta appunto viene chiesto di esprimersi riguardo al tema dell’insegnamento, tra le varie cose che dice, una in particolare mi pare sposarsi bene con il concetto di cui sopra ed esattamente: “Se egli (il Maestro) è saggio veramente, non vi offrirà di entrare nella casa della propria sapienza; vi condurrà fino alla soglia della vostra mente”.
L'ultimo/primo passo l’allievo lo deve compiere da solo. Il tempo, si sa, vola ed ecco l’allievo ritornare dal Maestro con la convinzione di aver oltrepassato la soglia. Da cosa si era lasciato ingannare Wen Ruchun? Dalle apparenze, dall’esteriorità, dal suo cuore pieno di orgoglio, a tal punto da scambiare l’illusione per realtà. Ci pensa il Maestro, prontamente, a riportarlo con i piedi per terra. Come capita spesso tra noi umani, è un momento di profondo dolore che riporta Wen Ruchun a casa, che lo risveglia alla vita e all’amore. L’elaborazione del dolore, gli permette di entrare in contatto con la sua personale melodia e finalmente pizzicare le corde del liuto all’unisono con quelle della sua anima; non c’è più separazione.
E il Maestro? Da buon taoista sa ridere, in primis di se stesso, sa accogliere i mutamenti e le mutazioni, sa lasciar andare gli attaccamenti.

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